15 aprile 2008

Da un papa a un altro

"Il cervello non è relativista" strilla il titolo principale della sezione Cultura del Corriere della Sera del 14 aprile 2008. Massimo Piattelli Palmarini (professore di Scienze Cognitive all'Università dell'Arizona e autore di un libro in uscita per Einaudi, precisa un riquadro) intervista Noam Chomsky (professore emerito di Linguistica al MIT e autore di un libro recentemente riedito da Baldini Castoldi Dalai, precisa lo stesso riquadro). Il titolo - redazionale, certo - riassume per i lettori il pensiero di Chomsky, "il Galileo delle scienze cognitive e il Copernico della linguistica" di cui Piattelli Palmarini si fa ancora una volta araldo sulle pagine dell'importante quotidiano.
Su cosa significhi relativista capiterà una volta o l'altra ad Apollonio di fare qualche modesta riflessione. Mentre il giornale andava in stampa, però, Benedetto XVI atterrava per una visita pastorale nel paese da cui il verbo di Chomsky s'è diffuso nel mondo e in cui insegna Piattelli Palmarini. E non c'è personalità della cultura occidentale che negli ultimi anni abbia condotto una battaglia contro il relativismo più inflessibile di quella del capo della Chiesa Cattolica.
La casuale coincidenza temporale s'incarica così di evocare un parallelismo forse irriverente (decidano i due lettori di Apollonio per chi) e si svela, occasionalmente, qualcosa che, a ben vedere, sorprende poco chi sa un po' di linguistica e ha seguito negli ultimi decenni gli sviluppi di tale disciplina.
Del resto che un papa, qualsiasi papa di qualsivoglia chiesa non ami il relativismo è ovvio ma è altrettanto ovvio che, senza l'occasione della battaglia contro il relativismo, un papa che ci starebbe a fare? È la relazione reciproca che garantisce l'esistenza (morale e intellettuale) dei papi come del relativismo. Finché ci saranno papi, ci sarà relativismo. Finché ci sarà relativismo, ci saranno papi. E il finché non è certo un modo per dire che un radioso giorno sarà diversamente. Papi e relativismo, pensa Apollonio, non scompariranno mai. Sta appunto alla scienza, a quella quieta, scettica e priva di enfasi (si dirà alla scienza vera?) schivare tanto gli uni quanto l'altro.
I lettori diranno che il paragone tra Chomsky e il papa è un'esagerazione e che non hanno mai visto il primo ma solo il secondo con mitra (scherzi delle omonimie...) e abito bianco. A smentirli, nella sostanza (perché l'abito non fa il monaco), provvede Piattelli Palmarini, genuflesso. Anzitutto egli disegna per brevi tratti il suo personale percorso di catecumeno: "Prima di dargli [a Chomsky] la parola... vorrei citare solo alcuni dati di fatto [altrimenti, senza l'evidenza dei "dati di fatto", Palmarini che scienziato sarebbe?]. Da molti anni leggo i lavori di grammatica generativa..., ho a suo tempo seguito dieci interi corsi semestrali di Chomsky al Mit e circa altri dieci di linguisti suoi colleghi e collaboratori. Ciò nonostante, non ho problemi ad ammettere che molti dettagli tecnici ancora mi sfuggono". Con un paio di osservazioni, egli qualifica poi il carattere labirintico del credo chomskiano e la sua indiscutibilità (se non interna al credo medesimo): "Il messaggio, qui, è che si tratta di una scienza immensamente complessa e profonda e che ogni ritocco a un'ipotesi, a un teoria, riverbera con inevitabili ritocchi su molte altre ipotesi e teorie e su dati già noti per varie lingue. Sbalordisco quando vedo criticata con sicumera la grammatica generativa da chi, con ogni evidenza, ne sa poco o niente". E finisce per disegnare il quadro perfetto di una chiesa: "Un altro dato, diciamo [ma sì, diciamolo], demografico: hanno contribuito a questa scienza, nel corso di mezzo secolo, circa duemila studiosi, in vari Paesi. Importanti ricadute della teoria e notevoli conferme sono venute anche da altri campi come la genetica, le neuroscienze, le simulazioni su calcolatori, le patologie del linguaggio, la psicologia animale. Formidabile è stato il potere di attrattiva di questa scienza su menti [o su cervelli? La questione non è priva di senso] di straordinario calibro, su studiosi di matematica, fisica, ingegneria, scienze di calcolo e biologia."
Dal lato della parte rappresentata da Benedetto XVI, gli anni non sono cinquanta ma più di duemila, le folle di tributari sterminate e, quanto a menti somme, solo per far tre nomi, ci sono quelle di Paolo, di Agostino, di Tommaso. Dopo di che, c'è qualcuno che, secondo gli scientifici e non relativisti criteri di Piattelli Palmarini, potrebbe osare mettere in dubbio il fatto che il papa, campione come Chomsky della lotta contro il relativismo, ha senza dubbio ragione?
E infatti qui si è lungi dal volerlo mettere in dubbio: scherza coi fanti e lascia stare i santi. Su Chomsky, però, sul "Galileo delle scienze cognitive", sul "Copernico della linguistica", Apollonio - il cui spirito è sonnolento e si sveglia di cento anni in cento anni - propone di riaprire la discussione tra qualche secolo. Allora, forse, si capirà meglio se di un Galileo, di un Copernico si è trattato o di uno dei tanti falsi profeti periodicamente osannati da molti fedeli autentici, che per evidenti problemi d'incontinenza non riescono a trattenere l'iperbole ("immensamente complessa", "importanti", "notevole", "formidabile", "straordinario calibro") e, appena s'accostano al loro idolo, se la fanno addosso, non peritandosi (come usa adesso) di raccontarlo a tutti sul giornale (sul relativismo segue un commento di Altan).

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