25 maggio 2011

Il Belpaese: 150 anni di storia per antonomasie

Al culmine del Risorgimento, ora è un secolo e mezzo, l'Eroe dei due mondi saluta come monarca italiano il Re galantuomo, incontrandolo nei pressi di un piccolo comune campano. Il secondo era da qualche anno succeduto, sul trono della Città della Mole, al Re tentenna, quello dello Statuto. L'Unità fu tuttavia merito quasi per intero del Tessitore: "...la Chiesa... lo Stato...". Tutto finì con la Breccia di Porta Pia e con il Discorso di Stradella ma la svolta portò dritto allo Scandalo della Banca Romana.
Seguì il Regicidio. Il Re buono cade vittima di un attentato. Di lì a poco, sarebbe morto anche il Cigno di Busseto. Poi, come si sa, la Grande proletaria si mosse alla conquista della Quarta sponda. Sul costume politico nazionale conseguenze gravi ci furono per il lungo permanere al potere del Ministro della malavita.
Col buon pretesto delle Terre irredente, ci si lanciò nella Grande guerra, durante la quale azione fortunata e temeraria fu la Beffa di Buccari. Almeno quanto l'Impresa di Premuda. Alla prima prese parte il Vate: non alla seconda. Finita la guerra, fu tempo della Vittoria mutilata e dei Reduci. Cominciavano a circolare le Squadracce, al soldo degli Agrari. Non erano anni buoni: imperversavano il Manganello e l'Olio di ricino. Finì con una gita: la Marcia su Roma. Il Fascio diventava il Partito e la Milizia s'ingrossava di fascisti della Prima ora. Gli altri: sull'Aventino. La vicenda dello Smemorato di Collegno creava frattanto molto scalpore. Correvano gli anni del Gigante buono e del Mantovano volante. Moriva la Divina. E, col Concordato, di nuovo "...la Chiesa... lo Stato...".
Del Duce, che dire? Un modello, copiato anche all'estero (e che disastro!). Fu il Duce: bastò e, certo, avanzò. Tra le molte calamità del Ventennio, il Gran consiglio, la Battaglia del grano, l'Impero, l'Asse e (che obbrobrio!) la Razza. Infine, la tragica illusione della Guerra lampo.
Dal Balcone e dalla Città eterna, il Duce, lo sloggiò il 25 luglio, seguito amaramente dall'8 settembre: l'Armistizio. E con la Resistenza arrivò il 25 aprile: la Liberazione. E si seppe dell'Olocausto. Sopravvissuto alle Purghe e sottraendosi al Baffone, al suono dell'Internazionale, ritornò in patria il Migliore e fu, di nuovo, il tempo del Partito. Niente Gran consiglio, stavolta, ma il Comitato centrale. Col Referendum, ci si sbarazzò velocemente del Re di maggio. La Costituzione. Ma aprile, come dice il poeta, è il più crudele dei mesi: dopo il 25, miracolo della Vergine, non poteva mancare quindi il 18 aprile: fu il trionfo dello Scudo crociato. La Piazza non sembrò esserne unanimemente felice. E giù botte, allora, con la Celere.
La Benemerita, frattanto, teneva tutto sotto controllo. E mentre, come antonomasia foresta, la Locomotiva umana mieteva allori alle Olimpiadi, il Campionissimo, spopolando in discese, salite e tappe a cronometro, nel Giro e nel Tour si preparava ad avere, anni dopo, una storia che fu giudicata scandalosa con la Dama bianca. Negli autodromi, il Cavallino rampante consolidava intanto la sua leggenda.
La Guerra fredda, sul limite della Cortina di ferro, finiva lentamente nel Disgelo. Il mondo cominciava a schiudersi dopo le tragedie e qui da noi, con il Boom, giunse sul Soglio di Pietro il Papa buono. Di lì a poco, fu l'ora del Centrosinistra. Sotto la guida del Mago, il Sinistro di Dio e il Gigante di Treviglio, nel Campionato, conquistavano più volte lo Scudetto e, quanto alle competizioni del Continente, alzavano al cielo la Coppa, mentre Pel di carota, Casco d'oro, la Tigre di Cremona, la Pantera di Goro e l'Aquila di Ligonchio riempivano gli schermi della TV. Nessuno riusciva tuttavia a spodestare il Reuccio. L'Abatino, ragazzo, vestiva per la prima volta la Maglia azzurra. Vennero alla luce i Giovani. Al Boom segue, mesta, la Congiuntura.
Maturavano il Sessantotto e la Contestazione, lo Studente e l'Operaio: sulle biblioteche parve prevalere il Libretto rosso. Ci furono scontri alla Statale e alla Cattolica e in altre università. Le rivendicazioni nella Fabbrica, toccò all'Avvocato gestirle, nello stesso tempo in cui si curava anche della Madama, o della Fidanzata d'Italia. Fu il tempo delle Stragi. Con quella di Piazza Fontana, cominciò la Strategia della tensione e tutti si chiedevano chi, dietro le quinte, ne fosse il Grande vecchio, chi il Burattinaio. Non si smetteva di discutere dei Servizi deviati.
Ci fu il Divorzio. Qualche anno dopo, addirittura, l'Aborto. Il peso del Palazzo cominciava a diventare intollerabile ma certo nessuno poteva immaginare che, mentre vedeva la luce il Compromesso storico, proprio alla Frezza bianca toccasse una sorte da agnello sacrificale, crudelmente decretata dal Partito armato, nemico (a suo dire) dello Stato imperialista delle Multinazionali.
Basta così? No. La storia continua e arriva, per merito dello Spirito santo (Dio, che antonomasia!), la sorpresa del Papa polacco, mentre s'insedia Ghino di Tacco. Il tormentone riprende: "...la Chiesa... lo Stato...". L'economia ha girato così veloce, nel glorioso decennio del Made in Italy, che ha finito per schizzar via per la Tangente. S'ingigantisce il Debito pubblico. Cade il Muro, compare il Baffetto. Spalleggiata dall'Opinione pubblica, affidata alle Toghe, si apre la caccia al Cinghialone. Regolati definitivamente i conti aperti, settanta anni prima, al Congresso di Livorno, il Partito degli Onesti si inabissa insieme con quello dei Ladri. Compartecipe di ambedue, si inabissa la Balena bianca. La Quercia si secca. Relitti del naufragio, a galla tornano i Democratici, che discutono a lungo della Cosa e poi della Casa comune, e gli Azzurri, che, devoti del Fare, non hanno ovviamente nulla su cui discutere. E si arriva così quasi ai giorni nostri: all'Ulivo, che dà pochi frutti, alla Margherita, che sfiorisce, al Professore e alla Terza età. Si arriva alla Azienda e alla Legalità, alla Manovra e alla Moneta unica, all'Azione umanitaria e al Fine vita, alle Tigri asiatiche e ai PIGS, alle Pari opportunità e alla Par condicio, al Merito e alla Valutazione. Scomparsi i Giovani, rimasti solo gli Anziani (con le loro Badanti), assediati dai Clandestini, dalle Criticità e dai Mercati, davanti a tutti, oggi, inevitabile il Declino.
Oggi. Capita che il Colle non sempre concordi col Cavaliere. Spuntano i Responsabili. Il Senatùr pare di nuovo pronto a saltare il fosso.
Insomma, grazie alla gente di mondo, cui la fantasia non fa mai difetto, il Paese delle antonomasie per antonomasia ovvero, come scrisse il Divino poeta, il Belpaese.

7 commenti:

  1. Sesto Sereno25/5/11 17:09

    "....i salari bassi la fame bussa
    il terrore russo
    Cristo e Stalin
    Aida la costituente
    la democrazia
    e chi ce l'ha..."
    "Aida" di Rino Gaetano.
    Belpaese, terra di santi, navigatori, poeti e saltafosso. Per antonomasia.
    Bernardo La Cara (da oggi Sesto Sereno)

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  2. Pasquale D'Ascola26/5/11 17:32

    Lo invio ad amici questo pezzullo.

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  3. la retorica trova pur sempre nel Belpaese i suoi Natali;

    Cartabaggiana

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  4. Un errore per antonomasia.
    L'uso della parola olocausto per definire lo sterminio degli ebrei è, secondo Roberto Calasso ("L'ardore", pp. 436-437) "inappropriato e stridente".
    La parola olocausto designa infatti "certe cerimonie sacre celebrate sin dai tempi di Noè dagli antenati degli uccisi".
    Sempre per antonomasia, un vero orrore.
    Pino Parente

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  5. Ha ragione, gentile lettore. E la responsabilità deve essere di Apollonio se dal post non emerge con sufficiente chiarezza che non poche delle antonomasie (e delle altre figure) che vi sono desultoriamente esposte non rappresentano il suo punto di vista (se gli passa la litote): insomma, che non sono parole sue ma (come egli usa dire) "loro". Lo scusi per tale oscurità, minuscolo effetto del peraltro vertiginoso abisso dell'enunciazione.

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  6. ..di apollonio? di 'loro'?

    ('loro' chi?)..

    tanto le parole non esistono..

    ossequi

    Cartabaggiana
    http://estatesammartino.splinder.com/

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