16 dicembre 2011

Terminologia

Tutte per fortuna prive di gravi conseguenze, le sciocchezze che chi fa professione d'essere linguista può perpetrare sono innumeri e questo medesimo blog ne fornisce campioni. Poche sono però più diffuse e meno vistose di quelle cui è indotto chi istituisce l'universo dei fenomeni ai quali consacra la sua attenzione e ne cerca la ratio profonda lasciandosi ispirare dalla terminologia della disciplina. 
In altre parole e per fare un esempio, sono  di norma sciocchezze quelle  di cui si pasce chi, considerato che qualcosa nella lingua è stato per tradizione chiamato "possessivo", decide di studiarlo convinto che qualche speculazione sull'idea di possesso sia la chiave di volta per comprendere funzioni e forme linguistiche dei cosidetti possessivi. Si comporta insomma come se la terminologia, con buona pace di Ferdinand de Saussure, non solo fosse "motivata" ma addirittura fosse lei a "motivare" la lingua.
La terminologia può essere ovviamente oggetto di seri studi filologici. Come storia della cultura (linguistica) e come contributo a un'antropologia non soltanto diacronica, ha senso chiedersi e cercare di capire come e perché a qualcuno venga o sia un giorno venuto in mente, come sua interpretazione di un fenomeno linguistico, di chiamare qualcosa "possessivo" o "dativo" o "passivo" o "persona" o "genere" o "caso". 
Fare però della terminologia o (peggio) di qualche suo irrelato spezzone la fonte della determinazione scientifica del funzionamento di qualche aspetto della lingua è solo una prassi cieca, perché inconsapevolmente ideologica, e onanistica, perché, fondando i suoi ragionamenti sulla sua terminologia, la linguistica pretende così di studiare la lingua e invece studia solo se stessa, trovando conferma dei propri deliri per tale via facilissima. Il possesso s'esprime nel possessivo che (come potrebbe diversamente?) riguarda appunto il possesso. 
Il fatto che la prassi sia oggi comune (tra gli epigoni del formalismo non meno che tra quelli del sedicente funzionalismo) non deve impedire, a chi ha un po' di sale in zucca, di considerarla bizzarra e dilettantesca. Tra l'altro, essa ha il difetto di confermare chi se ne lascia facilmente sedurre nell'irriflesso pregiudizio che una terminologia (e quindi una qualche linguistica, una "grammatica") fondi e spieghi la lingua quando, naturalmente, il minore sta nel maggiore e la linguistica (che è solo lingua autoconsapevole) sarà nata soltanto nel momento in cui essa, la sua terminologia e la "grammatica", riconosciute come arbitrarie, saranno fondate e spiegate dal funzionamento della lingua.    

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