26 giugno 2014

"Ma", di nuovo

"Ma quanto è bella la nostra nuova sede!". Ecco un'espressione aperta da un ma di cui, se Apollonio non si sbaglia, non c'è ancora una descrizione nelle grammatiche e che è forse meritevole d'attenzione in una prospettiva testuale (e, per tale via, da minuscolo indizio dello spirito del tempo). 
Ma, del resto, è una di quelle parole la cui forma è tanto breve quanto ne sono ampi e vari valore e uso e in questo diario, di qualcosa, in proposito, si è già fatta questione. Con l'esempio in esordio, si è in un àmbito molto diverso.
Ma vi apre l'espressione e, con la sua rottura avversativa (vera o finta che sia), richiama l'attenzione, come fa sotto ogni sua funzione. Se congiunge, congiunge con un implicito discorsivo, tanto implicito che può proprio non esserci ed essere appunto fittiziamente creato da ma, a uso dell'immaginazione dell'interlocutore o dell'intelocutrice cui si sta così dicendo, dandone per scontato il rapporto di solidarietà, che l'espressione s'inscrive in un discorso che continua con quanto segue ma
Anche l'e in apertura fa talvolta lo stesso mestiere (e capiterà magari di parlarne una volta o l'altra). Nel contesto qui pertinente, ma lo fa tuttavia in maniera diversa. In maniera che si direbbe è più emotiva e conativa che referenziale e coinvolge, di regola, chi la proferisce in un'attitudine psicologicamente valutativa di ciò che è suo o, in qualche modo, gli pertiene.
"Ma quanto sei caruccia, figlia bella", "Ma quanto ti amo, tesoro mio", "Ma quanto mi dispiace...", "Ma come sono felice...", "Ma che bello il regalo che mi hai fatto...": c'è di regola un 'io', un 'tu' (eventualmente plurale), un 'noi' nella portata enunciativa di quel ma. Esso enfatizza l'enunciazione come fatto: si pensi all'evidente differenza, in proposito, tra un banalmente referenziale "La nostra nuova sede è molto bella" e "Ma quanto è bella la nostra nuova sede!" (meritevole appunto di un punto esclamativo di chiusura - o di un interrogativo, ma che non impone risposta). 
Quanto all'enunciato, più che avversare, ma dice che si sta montando sul gradino più alto di una climax ideale, come del resto segnala la regolare combinazione con riferimenti quantitativi, con il 'più' di un superato 'meno'.
Un valore attenuativo permane, tuttavia. Togliendo referenzialità, come si diceva, e quindi perentorietà a ciò che si afferma, ma lo pone essenzialmente nella prospettiva di chi enuncia e invita chi ascolta a verificare l'enunciato non quanto alla sua fattualità ma quanto all'effetto, per così dire, sulla sua soggettività o, piuttosto, su una soggettività che si vuole condivisa. 
In queste espressioni, ma fa famiglia. Chiama affetto. Fa richiesta di amicizia. Oggi, di conseguenza, fa solidarietà da Facebook (e chi vuole ne trova lì ricca messe di esempi, appunto). 
Un segno dei tempi, di conseguenza, se, uscendo dall'oralità, in cui certo sempre ha prosperato (parte della lingua di ogni "mammà" italiana che si rispetti), il modo di esprimersi (se non di presentarsi) si affaccia con regolarità nello scritto, complici le reti sociali, dove tutto (o quasi tutto) sa, morbidamente se non morbosamente, di persona grammaticale.

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